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Smart working e telelavoro: le differenze

Con lo sviluppo delle nuove tecnologie, sono aumentate le attività che non richiedono più la presenza del dipendente in Azienda. Lo smart working e il telelavoro regolano queste forme di lavoro a distanza.

Prima di tutto facciamo il punto sulle differenze tra smart working e telelavoro.

Lo smart working (o lavoro agile) e il telelavoro sono due particolari modalità di svolgimento della prestazione lavorativa fuori dai locali dell’Azienda. In entrambi i casi, si configurano contratti di lavoro dipendente a tempo determinato o a tempo indeterminato, full time o part time.

Nello smart working il dipendente svolge la propria attività fuori dall’Azienda ma decide in piena autonomia i tempi e il luogo di lavoro, senza una postazione fissa. Il lavoratore è quindi libero di scegliere e cambiare il luogo di lavoro come e quando preferisce (es.: potrà lavorare da casa, da una camera d’albergo, da una biblioteca, da un bar, ecc.).

Con il telelavoro, invece, il dipendente svolge la propria attività in una postazione fuori dai locali dell’Impresa (es.: il dipendente potrà lavorare da una postazione di lavoro nella sua abitazione e si collegherà all’Azienda grazie all’ausilio di strumenti di comunicazione informatici e telematici (es. VPN).

Lo smart working e il telelavoro sono quindi molto simili, ma si differenziano per due aspetti principali il luogo e l’orario di lavoro:

  • lo smart working e il telelavoro e differiscono principalmente per illuogo in cui deve essere svolta l’attività lavorativa. Nel caso dello smart working il dipendente è libero di lavorare dove preferisce fuori dall’Azienda mentre nel telelavoro, la postazione del lavoratore è fissa e predeterminata nel contratto, viene allestita nel luogo prestabilito (es.: l’abitazione) e potrà essere cambiata solo su accordo delle parti;
  • nello smart working il lavoratore non ha precisi vincoli di orario di lavoro. Gli obbiettivi da raggiungere vengono definiti in un accordo scritto che deve inoltre individuare i tempi di riposo del lavoratore e le misure idonee per assicurarne la disconnessione dagli strumenti tecnologici. Invece, nel telelavoro, le parti definiscono gli orari di lavoro all’interno del contratto, nei limiti fissati dalla legge e dai contratti collettivi applicabili.

In conclusione, lo smart working non si limita a consentire lo svolgimento della prestazione lavorativa da remoto, ma consente al dipendente di scegliere in piena autonomia dove e quando lavorare. In questo modo il contratto di smart working può favorire il bilanciamento degli interessi della vita lavorativa con quelli della vita privata (work life balance). Ciò che conta è il raggiungimento del risultato concordato.

Il telelavoro non è altro che il trasferimento della postazione lavorativa del dipendente al di fuori dei locali dell’Impresa.

Salute e sicurezza ex D. Lgs. 81/2008

È del tutto evidente che alle due tipologie di lavoro a distanza e, nel caso dello smart workig, flessibile si applica quanto indicato dal D. Lgs. 81/2008 così come modificato dal D. Lgs. 106/2009 compresa la valutazione di tutti rischi e la sorveglianza sanitaria ma con alcuni accorgimenti. Ma, prima di tutto, i contratti di lavoro devono essere redatti in forma analitica indicando esattamente:

  • quali strumenti, macchinari e attrezzature il lavoratore potrà utilizzare per svolgere le proprie mansioni
  • in quali luoghi potranno essere svolte le attività (prescelte nello smart working; definite nel telelavoro)
  • in quali orari (anche “non standard” nello smart working, “standard” nel telelavoro).

Una disciplina dedicata è stata definita per lo smart working: L. 81/2017 https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/06/13/17G00096/sg; Direttiva 3/2017 del Ministero del Lavoro http://www.funzionepubblica.gov.it/articolo/dipartimento/01-06-2017/direttiva-n-3-del-2017-materia-di-lavoro-agile; Circolare 48/2017 Inail https://www.inail.it/cs/internet/atti-e-documenti/note-e-provvedimenti/circolari/circolare-n-48-del-2-novembre-2017.html . Essendo questa tipologia contrattuale caratterizzata da una obbligazione di risultato e non di mezzi gli aspetti fondamentali sono:

  1. l’obbligo di informazione da parte del datore di lavoro
  2. la copertura assicurativa
  3. il dovere di cooperazione da parte del lavoratore.

Particolare interesse riveste l’aspetto dell’infortunio in itinere che nel caso dello smart working viene riconosciuto dall’Inail solo nei casi di infortuni «occorsi durante il normale percorso di e ritorno dal luogo di abitazione a quello prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa… quando la scelta del luogo della prestazione sia dettata da esigenze connesse alla prestazione stessa o dalla necessità del lavoratore di conciliare le esigenze di vita con quelle lavorative (nrd: work life balance) e risponda a criteri di ragionevolezza.» così come recita l’Art. 23 della L. 81/2017.

Regolamento 2016/679 UE (GDPR)

Altro argomento di sicura attualità è quello dell’applicazione di quanto previsto dal D. Lgs. 196/2003 così come modificato dal D. Lgs. 101/2018 e dal GDPR.

Infatti, in entrambe le tipologie di lavoro a distanza non possono venir meno le garanzie previste dalla normativa cogente in materia di protezione dei dati personali. Quindi, il Titolare del trattamento dei dati quando effettua la valutazione d’impatto (Data Protection Impact Assessment – DPIA) dovrà senz’altro valutare per ogni singolo caso le tecnologie informatiche utilizzate, la vulnerabilità delle reti VPN, wifi e internet, le modalità di back-up e disaster recovery, l’esposizione degli end point, le protezioni crittografiche, i fire wall, lo storage dei documenti analogici e digitali, l’utilizzo di hotspot, di password di particolare lunghezza e complessità e di chiavette usb. Tali valutazioni sono di solito aggravate quando, nello smart workig, vengono utilizzati dispositivi personali.

Renato Goretta

Per informazioni e consulenze: Gesta Srl, 0187 564442, gesta@gestaconsulenza.it, goretta@gestaconsulenza.it

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